Lobotomia

Da ieri sono ufficialmente entrato a far parte di questa lista, ed è una esperienza nuova per me. Finora i miei rapporti di lavoro erano cessati per mia scelta, sempre. Questa volta il motivo arriva da lontano, tanto lontano che non ti viene manco da incazzarti, o meglio, sei incazzato nero, ma non sai dove indirizzare la tua rabbia, talmente sono generalizzate e vaghe le colpe di tutto quello che sta accadendo.

Non so nel resto d’Italia ma qua a Torino si respira un’aria cupa e carica d’ansia, che il tempo fuori, quest’ inverno freddo e grigio come da anni non si vedeva, non contribuisce a mitigare. Immagino sia qualcosa di molto simile a quello che si deve provare in tempo di guerra: quel vago senso di minaccia che non riesci a controllare, che ti entra sottopelle e che traspare nei discorsi di chiunque incontri.
Si lotta per restare a galla, con la consapevolezza di essere tutti contro tutti, da soli ad affrontare la Crisi, perchè è ormai evidente che in alto questa crisi non la si vuole affrontare. Le belle parole dette da chi ci malgoverna sono aria fritta, le altrettanto belle parole dette da chi dovrebbe, opponendosi, indicare la strada giusta, sono ancora più vaporose, e noi in mezzo, che non siamo meglio di chi ci guida, a cercare di capire come fare a sfangarla, al solito, da soli.
Questa crisi fà comodo a tanti, per motivi che mi sfuggono. Forse c’era solo bisogno di fermarsi, frenare una corsa diventata senza senso.
Si è innescato un circolo irreale, dove anche chi non è toccato direttamente si sente in dovere di sentirsi in crisi, così, per solidarietà. E’ la cazzata suprema, perchè se anche chi può tirare avanti si ferma, blocca ancora di più il sistema, che è sì malato, ma è l’unico che abbiamo.
Penso alla Fiat, che solo un anno addietro dichiarava un utile di 2 miliardi di euro, e che oggi chiede aiuti di Stato (in pratica chiede aiuto anche ai 60mila esuberi che dichiara di avere, anche ai quattro volte tanto che lavorano nel suo indotto, anche a me che gravito come tutti qua nella sua orbita). Penso anche a gente che in crisi non è ma piange ugualmente miseria, e tutti a ricorrere alla Cassa Integrazione, a non rinnovare contratti in scadenza, tutti a ridimensionare le proprie aziende, in primis quelle banche causa prima di questo casino.
E’ diventata l’occasione che aspettavano per ridiscutere in peggio le norme che regolano il lavoro, un modo per fregarti senza che tu te ne accorga, per creare nuovi assetti della società. Un modo per togliere anche i pochi diritti rimasti. Sono cose da sollevazione popolare, da scioperi di massa, da barricate nelle piazze, ma le stiamo vivendo come l’ennesimo spettacolo a cui assistiamo come se non ci riguardasse, come se stessimo guardando un pessimo telefim alla tele. Siamo seduti a guardare mentre ci operano. Anestetizzati lo siamo già, ora cominciano ad amputare.
Il risveglio non sarà indolore.

Game Over

Si è consumata l’ennesima scissione a sinistra; quel tre e rotti per cento che ancora hanno votato per Rifondazione Comunista si sono ulteriormente divisi, arrivando a questo punto ad avere meno peso politico del Sud Tirol Volk Partei.
Vogliamo ancora parlare di sinistra in Italia?
Della serie “Ma porca di quella porca…”

Accordi e disaccordi

Anni fa lavoravo in una fabbrica del cuneese, piuttosto florida, trecento operai, due stabilimenti. Investimenti sbagliati le fecero dare il giro e per noi operaiacci solita trafila, cassa integrazione, mobilità, prepensionamenti. Per dire, so cosa significa ritrovarsi senza lavoro, ma al di fuori di quella fabbrica c’erano realtà solide e una economia nazionale che ancora tirava: questione di poco tempo e un altro posto da un’altra parte lo si trovava.
Oggi la vedo dura. Almeno qua nel torinese la crisi la vedi dappertutto, la senti nei commenti e nelle parole di chiunque lavori. Non ho i dati su quante ditte abbiano gli operai in cassa integrazione, e nemmeno su quelle che stanno chiudendo, ma sono tante, troppe.
E’ sconfortante il fatto che oggi le ditte che chiudono non hanno fatto investimenti sbagliati. Hanno lavorato nell’unico modo possibile qua in Italia, a credito con le banche. Non c’è nessuno che lavori con i suoi soldi, chiunque è in debito con qualche istituto finanziario. Non chiedetemi perchè, ma a quanto pare conveniva così, questioni fiscali, stronzate del genere. Oggi si paga dazio. Le banche sopravvivono, le ditte chiudono. E’ questa la realtà.
Intanto Governo e Sindacati hanno firmato l’accordo per la nuova contrattazione aziendale, ed è un nuovo colpo per chi lavora, oltre che un altro colpo diretto alla Cgil, ultimo residuato di una sinistra che fù. Perchè è ovvio che un accordo del genere andrà a tutto vantaggio delle aziende. Parliamoci chiaro, che cacchio di potere contrattuale può avere oggi un lavoratore nei confronti di una azienda che vuole assumerlo, o anche solo un lavoratore che vuole ricontrattare il suo stipendio, quando fuori dalla porta ci sono centinaia di aspiranti al suo posto di lavoro? La risposta che gli verrà data sarà “ringrazia che lavori”.
il Ministro del Lavoro Sacconi, quello “relativamente preoccupato” per la situazione in essere, quello che come Ministro della Sanità ha di fatto impedito di mettere in atto la sentenza sul caso Eluana (è anche Ministro del Welfare: è il Trisminister) dice che con l’accordo “le parti (azienda e lavoratori n.d.a.) sono naturalmente portate a condividere obiettivi e risultati“.
Ma vaffanculo, và.

Bugo – C’è crisi

Rouge on Tv

Questa sera, su ben due canali televisivi, stavano parlando del sottoscritto. Al principio non ci potevo credere, mica sono Fiorello, ma poi, ascoltando meglio, ho scoperto che, cacchio: era proprio cosi!
Sì, insomma, più o meno così, lì per lì non si capiva bene, ma sono sicuro che ero proprio io quello di cui parlavano, ci potete scommettere. Va beh, non pensate chissà cosa, non è che stessero usando nome cognome e soprannome, ma quello di cui stavano parlando Uolter su La7 e il suo ministro ombra Bersani a Ballarò, ebbene sì ero proprio io e non ci son cazzi!
Io. In televisione. Tsé!
I termini che hanno usato, se non ricordo male, sono stati più o meno “Fra poco ci saranno NonSoQuantiMila precari a casa perchè non gli rinnovano il contratto”, aggiungendo che “A questi non sarà corrisposto nemmeno un euro”, o qualcosa di simile, ma non è importante, è comunque indubbio che stessero indiscutibilmente parlando proprio di me.
Tutto subito mi son detto ascoltiamo, hai visto mai che dicano qualcosa che serva. Ma poi su La 7 la Gruber si è messa a parlare di non so che cacchio riguardo all’Imperattore, mentre a Ballarò han cominciato a parlare Casini e due sconosciuti in area Pdl, e lì ho spento, preferisco non ascoltare.
Non vorrei che la celebrità mi desse alla testa.

L’ ultimo imperattore

L’Impera(t)tore oggi prende possesso della sua nuova residenza. Lo fa in maniera sobria, spendendo “solo” 150 milioni di dollari, alla faccia della crisi. Ormai tutta la politica Usa da molti anni si riduce a un carrozzone puramente spettacolare, tanto che fatichi a distinguere tra la cerimonia di insediamento del nuovo eletto e gli Mtv Music Awards, che tanto in entrambi ci trovi Beyoncè e gli U2, e di contenuti ne trovi più nella seconda manifestazione che non nella prima.
Il Bandana intanto è rimasto a casa; alla manifestazione manca dunque il comico, ma meno male. Una figura di merda in mondovisione sarebbe stato troppo pure per lui.

Sleepers

“L’uomo moderno vive nel sonno; nato nel sonno, egli muore nel sonno. Del sonno, del suo significato e della parte che ha nella vita, parleremo più tardi, ora riflettete soltanto su questo: che cosa può conoscere un uomo che dorme? Se ci pensate, ricordandovi nello stesso tempo che il sonno è la caratteristica principale del nostro essere, subito vi diverrà evidente che un uomo, se vuole realmente conoscere, deve innanzi tutto riflettere sulla maniera di svegliarsi, cioè sulla maniera di cambiare il suo essere.”
Da “Frammenti di un insegnamento sconosciuto” P.D. Ouspensky (Astrolabio)

Mi è capitato a volte di ripensare a questa frase, letta anni fa, che per qualche motivo mi è rimasta impressa e che di tanto in tanto fa capolino nella mia mente.
In effetti facciamo cose senza senso.
Ci si sveglia e chi più chi meno ci si precipita sui luoghi di lavoro, dove la maggioranza di noi fa cose che rifuggono dalla propria volontà. Durante la giornata compiamo atti, prendiamo decisioni che solo apparentemente sono nostre, viviamo l’illusione di vivere per tutto il tempo in cui rimaniamo svegli e quando a sera ci addormentiamo in realtà non facciamo altro che proseguire quello che già stavamo facendo.
A volte, raramente, capita di vivere la sensazione strana della consapevolezza, ed è una emozione che fatichiamo a riconoscere. Capita quando viviamo per pochi istanti, forse indipendenti dalla nostra volontà, per qualche strana alchimia, la sensazione reale del vivere. E’ come se, in quell’istante, dicessimo a noi stessi: “sono io e sono qui” e non ci riconoscessimo, anzi, a volte ne siamo spaventati più che stupiti. Sono quei momenti di forte emozione che inconsciamente continuiamo a cercare e a rifuggire nello stesso tempo.
Credo che al mondo ci siano pochissime persone realmente consapevoli di quella che è la loro vita, credo che alla maggior parte di noi capiti di pensare che in realtà è altro quello che si vorrebbe per se stesso, eppure continuiamo a fingere di essere realizzati, soddisfatti, contenti, e di avere in mano le sorti del nostro destino, mentre in realtà non facciamo altro che seguire meccanicamente un’onda che non dipende da noi.
Nel nostro intimo sappiamo di essere nati per altro, che dovremmo cercare altro, che il nostro scopo è un altro. Eppure giorno dopo giorno conduciamo una esistenza morbida, sonnolenta, un tran tran che lentamente ci ingloba e ci appiattisce, e non riusciamo a far nulla, nonostante a volte ci proviamo, per cambiare le cose. Diamo la colpa a eventi esterni a noi, la società, la vita moderna, mentre invece siamo noi a crearcela, giorno dopo giorno, anno dopo anno.
In una parola, dormiamo.

Pensieri di mezzanotte

Mi capita a volte di leggere su qualche blog amico post che trasudano esperienze dolorose, vite spesso sofferte, percorsi travagliati. Difficilmente lascio un commento. Limite mio, difatti invidio un poco quanti trovano le parole giuste per star vicino a qualcuno, che pure non si conosce. Dire che mi sentirei ipocrita nel farlo non è vero, la verità è che proprio non trovo le parole, anche se spesso conosco bene di cosa stanno parlando.

Da queste parti in passato diciamo che se ne è passate delle belle, per usare un eufemismo, e ci si è sentiti come nella canzone sotto. Ma è appunto passato, e a volte ringrazio quelle esperienze, perchè senza sarei diverso e non so se vorrei esserlo.
So poche cose, ma so che si vive di esperienze e che sono uniche per ognuno. Che impariamo solo da noi stessi e da quello che ci capita, che quello che ci viene detto dagli altri non sempre serve a farci capire, tocca viverle, e che chi non ha mai provato dolore non potrà mai riconoscerlo in qualcun’altro. E so che la vita, dopo, ci sembra sempre migliore.
Dedicato a quanti del dolore si sentono re.

Alanis Morrissette – King of Pain (The Police Cover)

Non è un paese per atei

Dunque gli AteoBus sono stati fermati ancor prima di partire. A quanto pare la concessionaria degli spazi pubblicitari della società di trasporti genovese ha deciso di non concedere lo spazio all’Uaar (qui trovate il comunicato stampa dell’associazione e qui le motivazioni della mancata concessione).

Ed è di oggi anche la notizia che la clinica Città di Udine, che avrebbe dovuto accogliere Eluana Englaro e dove si sarebbe dovuto sospenderne l’alimentazione forzata (dando corso alle sentenze emesse da Cassazione, Corte d’Appello e Corte Costituzionale), si è tirata indietro, per paura di ritorsioni (!!!) da parte del Ministero della Salute.
Chi aveva qualche dubbio sul potere della Chiesa in Italia è servito.